Recording, Mixing and Mastering
Published on 04/12/2020
Come tutte le discipline in cui viene coinvolta la passione, anche nell'ambito dell'elettronica applicata alla musica si assiste a fenomeni che coinvolgono le opinioni più dei dati. In questo caso il fatto che il sistema di arrivo non è per natura oggettivo (faccio riferimento al sistema uditivo) complica ulteriormente le cose. Si assiste, spesso, a prese di posizione che hanno poco a che fare con valutazioni riproducibili (e, magari, scientifiche) lasciando spazio a considerazioni personali che implicano cose come la propria percezione di un fenomeno, i gusti personali, i miti.
Non potevo evitare di affrontare l'argomento e, l'articolo di chiusura di questa serie, mi sembra il luogo più adeguato. L'obiettivo è sempre quello di darvi gli strumenti per giudicare da soli, seguendo le vostre attitudini ma utilizzando criteri oggettivi.
Come ormai sapete tutti (!) sistemi analogici e sistemi digitali sono due alternative per arrivare allo stesso obiettivo. I sistemi analogici sono quelli da cui siamo partiti a metà del secolo scorso. Si sono evoluti enormemente e hanno dei limiti che, opportunamente sfruttati, costituiscono il loro punto di forza. Infatti, quelli che sembravano in origine difetti (non linearità, banda passante limitata e, in qualche caso, dinamica) si sono rivelati essere particolarmente graditi all'ascolto.
Di contro, i sistemi digitali, hanno ormai raggiunto livelli di sofisticazione assai elevati. I detrattori (male informati) indicano la “continuità” del mondo analogico come paradigma per definire una superiorità, rispetto a campionamento e quantizzazione tipici del digitale. Questa posizione è smentita da fatti quali il teorema del campionamento (che tra l'altro prescinde dall'ambito in cui lo si applica e vale anche in analogico) e la relazione tra quantizzazione e rapporto Segnale/Rumore.
Il primo ci dice che per ricostruire esattamente (e senza alcuna approssimazione) un segnale limitato in banda (tutti i segnali audio sono limitati in banda) basta prendere almeno due campioni per periodo. Da quelli si ricostruisce il segnale originario senza errori. Utilizzando, invece, un numero adeguato di bit del convertitore A/D si ottiene un livello di rumore e una headroom tranquillamente migliori dei corrispettivi analogici.
Questo non vuol dire che l'uno sia migliore dell'altro in assoluto. Entrambi sono in grado di rappresentare adeguatamente un fenomeno audio ed entrambi ci danno strumenti di elaborazione di qualità adeguata.
I sistemi digitali sono più pratici (consentono, ad esempio di memorizzare configurazioni e parametri e non richiedono interminabili e costose manutenzioni/calibrazioni), quelli analogici (specialmente per i boomer) facilitano la creatività attraverso il contatto fisico (con cavi, cavetti, manopole e strumenti ad ago).
Sistemi analogici di qualità possono raggiungere tranquillamente la pulizia dei sistemi digitali. Sistemi digitali di qualità possono essere eufonici e gradevoli all'ascolto tanto quanto gli equivalenti analogici.
Quale scegliere? Quello che vi piace di più e che vi guida verso un processo creativo efficace.
La mitologia vuole che le valvole abbiano un suono caldo al contrario dei transistor che sarebbero freddi e nemici della musicalità.
Nella realtà, spesso, il suono caldo è parente di un timbro eccessivamente carico sulle basse che si ottiene da apparati economici che promettono (senza mantenerlo) magie.
I circuiti a valvole di qualità sono disegnati (come quelli a transistor) per ricercare il trattamento adeguato del segnale e il comportamento del sistema non dipende tanto dalla tecnologia adottata quanto dalla topologia del circuito.
In figura (tratta da https://www.soundonsound.com/reviews/fairchild-660-670) è rappresentato il più ricercato e costoso compressore a valvole: il Fairchild 670 visto da dietro.
Un sistema suona bene o male se è progettato e realizzato in modo più o meno adeguato. I circuiti a valvole hanno, ovviamente, delle caratteristiche peculiari (dovute alle curve caratteristiche e alla necessità di utilizzo dei trasformatori) e quelli a transistor ne hanno altre. È possibile, però, disegnare circuiti di un tipo che si comportano in modo molto simile a quelli dell'altro tipo. Ci sono sistemi a valvole che suonano in modo molto pulito come sistemi a transistor che suonano in modo estremamente colorato e musicale.
Ci sono sistemi a valvole affascinanti e sistemi a transistor che trasmettono magia al solo sguardo. Anche qui è impossibile scegliere a priori e, come sempre, spesso è meglio non scegliere e utilizzare quello che nel particolare momento è funzionale all'obiettivo del brano.
I tecnici e i musicisti che lavoravano agli Abbey Road Studios (sito da cui abbiamo tratto la Fig.2), tanti anni fa, lamentavano l'inferiorità della nuova console a transistor che i laboratori EMI avevano installato al posto della precedente a valvole (la REDD). Da quella console, però, è venuto fuori, tra gli altri, The dark side of the moon riconosciuto universalmente un riferimento per la qualità della produzione.
Il vinile è stato il materiale che ha permesso la diffusione di massa della musica. La radio consente di ascoltarla ma, col vinile, la musica la si possiede. Come abbiamo visto è un mezzo con molti limiti che portano a una certa quantità di compromessi.
Un file digitale, sia esso memorizzato su un CD o riprodotto da un dispositivo di memoria, ha molti meno limiti da tutti i punti di vista (dinamica, banda passante, contenuti mono in gamma bassa, uniformità della risposta durante la riproduzione) e consente libertà che col vinile sono, semplicemente, impensabili.
Il vinile ha però un fascino tutto suo e richiede una ritualità che per qualcuno è importante.
Come per le valvole, i difetti servono a rendere più gradevole all'ascolto il risultato (posto che il giradischi, la puntina, il pre-phono e il supporto in vinile siano in buono stato) e c'è chi preferisce il vinile ai formati digitali. Inutile dire che i difetti del vinile possono essere riprodotti in ambito digitale rendendo indistinguibile la tecnologia scelta (mai fatto un blind test?).
Avrete certamente sentito dire che le cose vintage suonano meglio di quelle moderne. Succede per gli strumenti musicali come per i device elettronici. Indubbiamente molti dispositivi di qualche decina di anni fa, avendo contribuito a definire il suono di un'epoca, sono in grado di generare emozioni.
Questo, però, a patto di essere tenuti in buone condizioni operative e messi in grado di operare in catene audio di livello adeguato. Se la seconda condizione è facilmente raggiungibile, il mantenimento in uno stato conforme all'originale di un dispositivo che ha 50 anni o più è complesso. Servono tecnici preparati (in modo specifico) e componenti che, spesso, non sono più disponibili.
È ovviamente possibile realizzare dispositivi moderni prendendo in prestito le tecniche dei decenni passati opportunamente adattate alla situazione (e ai progressi) di oggi ottenendo così processori di livello molto elevato e prestazioni che non fanno assolutamente rimpiangere i mostri sacri dei tempi che furono. Citiamo ad esempio il compressore Shadow Hills di Fig.4 che, senza la volontà esplicita di clonare dispositivi vintage, riesce a dare un'impronta sonora che fa certamente riferimento al passato con la versatilità e la qualità di oggi.
Anche questo è un tema molto discusso nei blog e nei social media. Come sapete è possibile, con un PC, una interfaccia audio e una coppia di monitor, costruirsi uno studio assolutamente in grado di supportare produzioni musicali di qualità.
C'è chi è convinto che l'hardware suoni meglio. Con l'avvento dei modelli fisici sono ormai disponibili copie software di tutti i dispositivi più affermati come, ad esempio, quello della Fig.5
Mentre è facile dire che le versioni software non hanno esattamente lo stesso timbro degli originali in hardware (ma la differenza è sempre meno) è impossibile dire che, utilizzando solo una DAW e un set adeguato di plug-in, non si riesca a realizzare una produzione di livello assoluto.
Sono sempre di più i mix di prodotti in classifica realizzati esclusivamente in the box (completamente dentro al PC con il solo utilizzo di DAW e plug-in).
La cosa migliore è, per quanto possibile, provare direttamente e stabilire di persona (anche sulla base delle proprie esigenze, possibilità e sensibilità) cosa è meglio per ognuno di noi. Partecipare a qualche blind test è certamente formativo e, spesso, illuminante. Tenete comunque presente che la tecnologia, per quanto possa essere fonte di passione e buone vibrazioni, deve sempre essere al servizio della musica.
Terminiamo qui il nostro percorso (lungo 22 articoli). Spero che la strada sia stata interessante e vi abbia dato gli strumenti per prendere decisioni informate per i vostri acquisti e le vostre scelte operative. C'è, ovviamente, sempre modo di approfondire soprattutto adesso che la tecnologia applicata alla musica è studiata anche in ambito accademico. Buona fortuna e a presto!
Join us today and get 5% off your next order!
Empty cart