Sintesi e Sintetizzatori

Le Misure

Pubblicato il 17/11/2020

Nell'articolo di oggi vediamo qualche semplice applicazione pratica dei concetti e degli strumenti che abbiamo visto la volta scorsa.

Per completare il parco dei sistemi ce servono per realizzare misure elettriche abbiamo bisogno di un generatore di segnali.

A pensarci bene tutti gli strumenti musicali sono generatori di segnali. L'uscita di questi, però, in generale non è adeguata per realizzare test ripetibili e con un minimo di contenuto scientifico.

Per le misure c'è bisogno di segnali ben conosciuti, con caratteristiche note (e misurabili) e livelli controllati. Per fortuna tutte le DAW sono fornite di generatori di questo tipo. I segnali più utilizzati sono:

Segnale sinusoidale (sine wave) – importante perché, grazie alla serie di Fourier che ormai tutti conoscete a memoria – può essere pensato come la componente fondamentale di tutti i segnali periodici. Se il sistema da sottoporre a misure è lineare, la risposta alle sinusoidi è molto rappresentativa.

Onda quadra (square wave) – importante perché ha fronti di salita e discesa molto ripidi ed è quindi in grado di stressare i sistemi che attraversa. Ha un elevato contenuto di armoniche e quindi risulta utile anche per analisi nel dominio della frequenza

Segnale a dente di sega (Sawtooth) – meno impegnativo per i sistemi è comunque ricco di armoniche. E' un segnale importante per ragioni storiche perché veniva utilizzato per l'asse dei tempi degli oscilloscopi analogici.

Rumore (noise) – è molto utilizzato nelle misure nel dominio della frequenza perché ha la caratteristica di occupare tutto lo spettro udibile con segnali dello stesso livello (rumore bianco o white noise) o della stessa energia (rumore rosa o pink noise).

In ambito digitale è molto semplice generare questi segnali perché basta tradurre nel programma le equazioni corrispondenti. Qualche difficoltà in più si ha con il rumore che implica l'utilizzo di un generatore casuale di campioni che devono avere una distribuzione statistica di tipo gaussiano. Esistono, per fortuna, algoritmi che approssimano sufficientemente bene i requisiti (si chiamano generatori pseudo-casuali perché generano sequenze molto lunghe di campioni che, dopo un certo tempo, si ripetono).

Come abbiamo visto nell'articolo sui Synth e drum machine analogici, i sintetizzatori sono (almeno nella prima parte della catena che realizzano) dei generatori di segnali audio di tutto rispetto (si devono, naturalmente escludere il filtro, gli inviluppi e le modulazioni). In questo caso appositi circuiti generano (con qualche difficoltà, come stiamo per vedere, i segnali di cui sopra. Per il noise generator si utilizza il rumore termico generato dai transistor. Questo è effettivamente gaussiano e il segnale che ne risulta è molto buono.

Veniamo alle applicazioni. Nella figura che segue il Tone Generator genera una sinosoide a 880Hz (quindi un La) ad un livello di -6dB. Questa è visualizzata nell'oscilloscopio e rappresentata nel dominio della frequenza nell'analizzatore di spettro. Come già accennato la volta scorsa, nel dominio della frequenza una sinusoide dovrebbe essere rappresentata con una sola barra verticale di ampiezza pari a -6dB. Per il problema della misura limitata nel tempo si vedono delle componenti (che però hanno livello molto basso) che non dovrebbero esserci.

Fig1 - SignalGenerator_Sin

Nella seconda applicazione abbiamo realizzato un sistema con 2 generatori che vengono inviati su un bus che fa la differenza tra i due segnali. L'oscilloscopio misura il segnale A, il segnale B, e la differenza A-B. Abbiamo anche inserito il Phase Meter che misura lo sfasamento tra i due segnali rappresentando su un piano L (Left) e R (Right) il luogo dei punti che, nell'evoluzione temporale, hanno rispettivamente A (L) e B (R) sugli assi. Se i due segnali avessero la stessa frequenza e fase si avrebbe un solo segmento sovrapposto all'asse M (Mid). Man mano che la figura si apre appaiono componenti anche sull'asse S (Side). Queste figure sono anche dette di Lissajous.

Nella Fig.2 il segnale A è una sinusoide a 440Hz e quello B una sinusoide a frequenza doppia. Gli istanti di partenza non sono coincidenti c'è quindi anche un certo sfasamento tra A e B.

Fig2 - Lissajous

Si noti come il segnale A-B abbia già una certa articolazione nella sua evoluzione temporale.

Se combiniamo un'onda a dente di sega e un'onda quadra con una sinusoide si ottengono i segnali rappresentati nelle figure 3 e 4.

Fig3
Fig4

Se proviamo ad utilizzare un sintetizzatore analogico (Korg Monologue) per generare i segnali otteniamo, per il dente di sega, quanto riportato nelle figure 5 e 6:

Fig5
Fig6

Per l'onda quadra quanto riportato nelle figure 7 e 8:

Fig7
Fig8

e per l'onda triangolare quanto riportato nelle figure 9 e 10:

Fig9
Fig10

Come si vede, i segnali analogici approssimano gli andamenti teorici perché sono ottenuti quasi sempre con circuiti che utilizzano condensatori che si caricano e scaricano in funzione delle loro costanti di tempo. La carica e la scarica del condensatore sono fenomeni con andamento esponenziale che, solo in parte, riescono ad approssimare gli andamenti desiderati.

Altri due aspetti caratteristici dei segnali analogici sono la presenza di rumore che per il synth utilizzato ha un livello di circa -50dB nella particolare configurazione utilizzata (si veda Fig.11) e il transitorio di attacco evidenziato nella Fig.12:

Fig11 - NoiseLevel
Fig12 - Transient

Sono queste le caratteristiche che rendono il suono analogico più ruvido e, in qualche modo, meno prevedibile e, in sostanza, più musicale rispetto alla “perfezione” digitale. Questa ha dalla sua, la capacità di rappresentare con caratteristiche migliori (in termini di linearità, dinamica, risposta in frequenza, rapporto segnale/rumore) un fenomeno. Senza volere entrare nella diatriba analogico vs digitale, mi limito a dire che le caratteristiche di entrambi i sistemi dovrebbero essere utilizzate insieme, al meglio, avendo come obiettivo la qualità della proposta musicale.

Vediamo adesso una applicazione del rumore per visualizzare l'effetto degli equalizzatori sullo spettro di un segnale. La Fig.13 rappresenta lo spettro di un rumore inviato all'ingresso di un equalizzatore digitale con la risposta (volutamente esagerata) indicata sempre in Fig.13 (in alto a sinistra). Come si vede, il segnale non equalizzato è sufficientemente piatto su tutta la banda audio. Attivando l'equalizzatore lo spettro del rumore si modifica come indicato in Fig. 14. Come vedete, l'effetto dell'equalizzatore è evidente anche se meno marcato rispetto a quanto la risposta indicata sull'equalizzatore lascerebbe immaginare.

Fig13 - DigitalEq_Off
Fig14 - DigitalEq_On

Applichiamo ora lo stesso principio alla simulazione di un classico equalizzatore analogico e passivo (il Pultec EQP-1A). Questo processore è stato pensato (negli anni '50 del 1900) per elaborare i segnali all'uscita del mixer (è definito, infatti, program equalizer). Con i suoi controlli è in grado di elaborare solo le frequenze basse e quelle alte. Sulle prime, per una data frequenza (selezionabile a scatti) consente sia un boost che una attenuazione. Il filtro passivo è realizzato in maniera tale da avere l'attenuazione circa un'ottava sopra il boost e questo è l'aspetto fondamentale di questa macchina perché, la combinazione di boost e cut (attenuazione) porta a risultati interessanti su molt strumenti (percussioni, basso, chitarra acustica). Il filtro risonante sugli alti consente invece il solo boost su frequenze selezionabili a scatti. C'è anche la possibilità, per questo filtro, di gestire la larghezza di banda. L'attenuazione sulle alte è demandata a un filtro passa basso dotato di solo controllo cut su 3 frequenze selezionabili con commutatore dedicato. Essendo un circuito passivo, le curve non sono pronunciate come nel caso di equalizzatori attivi o digitali. La risposta che si ottiene con i controlli boost e cut al massimo è quella riportata in Fig.15:

Fig15 - Pultec_On

Terminiamo qui la nostra discussione sulle misure e gli strumenti associati considerando raggiunto l'obiettivo di dare una introduzione rigorosa (anche se, inevitabilmente, non esaustiva) che possa servire a comprendere meglio il modo di utilizzare alcuni tool che la tecnologia ci mette a disposizione.

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