Sintesi e Sintetizzatori
Pubblicato il 24/05/2022
Nel post precedente abbiamo parlato di filtri cercando di capire quali sono le caratteristiche che possono influenzarne la scelta. In questo cercheremo di capire insieme come usare un filtro Eurorack.
Una volta scelto il device da inserire nel rack si deve capire come inserirlo nella architettura operativa del sistema e quali siano le modalità operative per facilitare il raggiungimento dei risultati.
Le possibilità sono molte e faremo riferimento, quindi, a qualche esempio pratico per stimolare la creatività rimanendo coerenti con gli obiettivi della trattazione.
L’architettura classica di un sintetizzatore (a sintesi sottrattive) prevede che il flusso del segnale parta dagli oscillatori. L’uscita di questi viene di solito inviata ad un mixer che manda il segnale al filtro. L’ultima operazione è quella dell’amplificazione.
Dal punto di vista semplicemente topologico, la modularità dello standard Eurorack rende anche possibile cambiare la posizione dei singoli device per ottenere architetture originali.
Nella figura che segue, ad esempio, invece di inserire un filtro dopo il mixer (primo schema della figura) se ne sono inseriti due. Ognuno di questi è dedicato al singolo oscillatore e il mixer interviene dopo il filtraggio (secondo schema della figura).
Com’è facile immaginare, sono possibili anche configurazioni ibride ottenibili ri-configurando le connessioni con i cavi patch.
Tutti questi interventi sono statici e danno risultati limitati. Le tecniche per rendere il risultato gradevole e musicale sono molteplici.
Quello che si fa, in sostanza, è ricorrere a segnali di controllo per cambiare (anche di molto) le carte in tavola.
I segnali di controllo si ottengono da tastiere e sequencer, LFO ed Envelope Generator.
Di solito si usa il segnale della tastiera per abilitare il Pitch tracking. La connessione serve a fare in modo che il comportamento del filtro (quasi sempre la frequenza di taglio) cresca con il pitch della nota suonata per avere un comportamento uniforme del filtro man mano che si sale con il pitch mentre si suona.
Con il sequencer si possono immaginare anche altri utilizzi e fornire al filtro pattern diversi dalle note suonate per attivare comportamenti particolari.
Attraverso l’LFO si ottengono invece variazioni cicliche.
Il generatore di inviluppo serve invece quando le variazioni che si intendono imprimere al comportamento del filtro sono legate all’evoluzione della singola nota. Variare la frequenza di taglio o la risonanza sulla base della nota suonata (segnale di gate) rende più espressiva la singola nota.
Gli stessi segnali possono essere utilizzati per variare la topologia del filtro nel caso questo fosse consentito dal particolare device utilizzato.
Continuiamo a ragionare sul filtro di Mutable Instruments riprendendo quanto detto nello scorso post.
In questo dispositivo si hanno a disposizione due filtri. Per ognuno di loro i segnali di controllo ci danno la possibilità di intervenire su:
Questi parametri hanno sia controlli manuali che la possibilità di controllo remoto.
Avendo due filtri a disposizione si possono realizzare tutte le configurazioni di cui abbiamo parlato sopra connettendo i filtri a valle degli oscillatori e prima del mixer oppure l’intero device dopo il mixer sfruttando la possibilità di regolazione/automazione del routing.
Con i filtri in serie o parallelo si possono realizzare veri e propri equalizzatori a due bande con queste che variano dinamicamente.
La variazione può essere ciclica utilizzando LFO, influenzare l’espressività della singola nota attraverso la connessione ad un Envelope Generator o gestita in modo dinamico sfruttando sequenze ottenute in vari modi e legate o meno alla melodia portante.
Queste sequenze possono essere casuali utilizzando, ad esempio, un generatore di rumore e un circuito di Sample&Hold.
Gli stessi criteri possono essere applicati alla gestione della tipologia di filtro ottenendo il morphing del filtraggio (passaggio graduale da passa basso a passa alto attraverso un filtraggio intermedio passa banda).
Gestendo contemporaneamente le frequenze di taglio e le risonanze dei due filtri si ha una ulteriore possibilità di intervento sul timbro e, di conseguenza, di variazione dell’espressività.
Il contenuto di armoniche può essere gestito automatizzando il controllo drive.
Il pitch tracking, invece, attraverso l’ingresso V/Oct. Al contrario degli altri input, questo non ha un attenuatore. Questo aspetto va tenuto presente se si vuole gestire il pitch tracking con una percentuale inferiore al 100% (occorre, infatti, inserire un attenuatore prima di arrivare al filtro). Va da sé che, avendo a disposizione segnali di controllo sofisticati (citiamo come esempio il versatile Make Noise Maths) tutte le possibilità elencate aumentano esponenzialmente.
Per concludere vediamo con un po’ di dettaglio in più come è possibile ottenere le varie configurazioni di cui abbiamo parlato utilizzando il Mutable Instruments Blades.
Nella prima figura si vede come è possibile realizzare la prima configurazione attraverso il Blades.
La seconda immagine, invece, fa vedere come è possibile connettere i due filtri a valle degli oscillatori (uno per ogni oscillatore).
In questo modo si rinuncia alla possibilità di avere un vero e proprio equalizzatore a due bande all’uscita del filtro ma si guadagna la possibilità di avere i filtri che agiscono singolarmente su ognuno degli oscillatori.
Nessuna delle configurazioni è migliore dell’altra. Entrambe possono essere utilizzate in funzione dei risultati che si vogliono ottenere.
In questo post abbiamo visto come è possibile, in pratica, usufruire delle molteplici possibilità offerte dai filtri nella elaborazione dei segnali.
Abbiamo applicato i concetti acquisiti in precedenza ad un caso di studio preciso.
La grande offerta di dispositivi di equalizzazione in formato Eurorack ci impedisce, naturalmente, di trattare l’argomento in modo esaustivo.
Vi diamo appuntamento ai prossimi post per altre informazioni e consigli sull’utilizzo dei sistemi modulari. A presto!
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