Registrazione, Mix e Mastering
Pubblicato il 15/12/2021
In alcuni post precedenti ci siamo occupati (e continueremo a farlo) di musica per le immagini dal punto di vista della composizione.
In questo tratteremo, invece, di una tecnologia che, nata per supportare le immagini con la musica, sta trovando un importante riscontro nella produzione musicale in senso stretto. Parleremo di Dolby Atmos per la musica.
Di musica immersiva si sente parlare da molto. Sin dai tempi della quadrifonia e degli esperimenti dei Pink Floyd si è tentato di dare all’ascoltatore una esperienza che lo collocasse all’interno del campo sonoro.
Le strade seguite sono state innumerevoli con notevoli riscontri sotto molti aspetti. Si pensi al cinema, ai videogiochi e agli home theater.
Da un po’ di tempo si sente parlare di Dolby Atmos per musica. Atmos è una tecnologia sviluppata da Dolby Laboratories per permettere all’ascoltatore di fruire di un’esperienza sonora coinvolgente.
Con Atmos, è possibile ascoltare con soddisfazione non solo in un ambiente trattato opportunamente ma anche in auto o in home theater.
Atmos è stato introdotto nel 2012. Il sistema di diffusione può comprendere fino a 64 canali discreti per offrire all’ascoltatore una precisione mai avuta prima nella provenienza del suono. Lo sviluppo di applicazioni prettamente musicali è recente.
Dolby ha, da poco, definito le caratteristiche degli studi Atmos Music, per permettere la produzione e il mixing di musica con questa tecnologia.
Le caratteristiche fondamentali del sistema sono due. Una è la precisione spaziale – sia in termini di collocazione che di dimensioni – con cui è possibile rappresentare le sorgenti sonore.
L’altra è la capacità di far percepire le stesse sensazioni all’ascoltatore indipendentemente dal numero di diffusori presenti nell’ambiente di ascolto. Questa proprietà si definisce col termine scalabilità.
Con le tecniche immersive tradizionali l’ascolto riproduce esattamente quanto è stato prodotto solo se il sistema di riproduzione è analogo a quello usato per il mix e se le caratteristiche dell’ambiente di ascolto sono analoghe a quello della produzione.
Dal punto di vista cinematografico il problema è stato affrontato con la standardizzazione delle specifiche per le sale mix e dei cinema. Questo lascia notevoli fonti di indeterminazione in tutti gli altri sistemi quali, ad esempio, gli home theater non hi-end.
Con Atmos viene offerto un risultato sonoro mai avuto prima con il grosso vantaggio che questo è riproducibile su sistemi differenti.
La corretta percezione di una sorgente nello spazio dipende da vari fattori e tanto tempo è stato speso in ricerca e sviluppo per determinare le corrette equalizzazioni in fase di mix.
L’esperienza del fonico facilita il raggiungimento del risultato nei sistemi tradizionali. Con Atmos vengono sistematizzate (e facilitate) sia le modalità di gestione di sistemi con molti diffusori sia le differenze tra sistema di produzione e quello di ascolto. Questo grazie a un processore che decodifica e ripropone nel sistema di diffusione le stesse caratteristiche della sala mix.
Il master Atmos è un insieme di flussi di dati composto da Bed, Object e meta-data.
I Bed possono essere pensati come a degli stem multicanale in vari formati (per esempio 7.1 o 9.1 o 7.1.2).
Nella definizione dei formati il primo numero indica il numero di diffusori intorno all’ascoltatore, il secondo il numero di canali Low Frequency Effect (LFE) e il terzo il numero di canali posti sul soffitto.
Sono questi ultimi che consentono di determinare anche l’altezza delle sorgenti.
Gli Object sono oggetti sonori (singole tracce) a cui sono legati i parametri (meta-data) di posizionamento geometrico nell’ambiente.
Un master Atmos è attualmente in grado di contenere fino a 128 oggetti a 48 KHz, 24 bit. Gli Object, accompagnati dai meta-data, rappresentano la più grande innovazione del sistema.
Un mix effettuato in una sala 9.1.6 può essere riprodotto con la stessa precisione anche in una sala 7.1.4 o in un cinema con più diffusori.
Dopo anni di esperienza nel cinema, Dolby ha riadattato queste specifiche anche nell’Home Entertainment e, successivamente, per il mondo musicale definendo il Dolby Atmos Music.
Le sale mix Dolby Atmos Music devono avere determinate caratteristiche. Tra queste:
Sono definiti anche dei range relativamente alle dimensioni o la risposta in frequenza della stanza.
Non esiste una “certificazione Dolby” per le sale mix, come avvenuto in passato per le sale cinema e l'home entertainment, però gli studi che rispettano le specifiche vengono pubblicati e inseriti (su richiesta) nelle pagine dedicate sul sito Dolby Music.
La standardizzazione delle regie di mixing rappresenta un fattore fondamentale per fare in modo che ci sia coerenza tra ciò che si sente in sala mix e ciò che verrà riprodotto dai diversi player nelle diverse configurazioni. La configurazione principale è la 7.1.4.
Configurazioni con un numero di speaker inferiore, grazie al decoder di Dolby, riescono a riposizionare gli oggetti nel modo giusto. Ulteriori elaborazioni possono essere applicate dai componenti hardware del sistema di playback sulla base delle decisioni dei singoli produttori.
Tra i possibili render che si possono generare da un file master Dolby Atmos c’è l’ascolto in cuffia. Questo è di tipo binaurale.
Senza elaborazioni, in cuffia, si ha la percezione che i suoni provengano dall’asse tra i padiglioni auricolari e/o dall’alto. Applicando gli algoritmi di Dolby Atmos la sensazione di spazialità migliora notevolmente (si percepisce anche la provenienza da davanti e dietro) ma non è possibile arrivare alle sensazioni che forniscono i sistemi più complessi.
Va poi considerato che distributori diversi possono applicare elaborazioni proprietarie che rendono diverse le sensazioni di ascolto.
Dal renderer di Dolby, ad esempio, è possibile avere una preview di come il file verrà suonato da Tidal e da Amazon, ma non è possibile, ad oggi, avere in tempo reale una preview del file che verrà pubblicato su Apple Music (proprio in virtù delle elaborazioni specifiche applicate da questa azienda).
Per questo motivo, se si vuole ottenere coerenza in riproduzione, è fondamentale monitorare il mix in sale calibrate con la curva Dolby e alla giusta pressione sonora.
Meglio evitare mix in cuffia o installare soundbar in regie musicali (anche le soundbar, in generale, possono applicare elaborazioni proprietarie che non è detto traslino in modo corretto su altri sistemi).
Di contro, se il mix suona corretto in studio, si avranno risultati coerenti anche su altri sistemi di riproduzione.
Dolby Atmos è la più grande rivoluzione nel mondo audio avvenuta da quando si è affermato il digitale.
L’ascolto a 24 bit rende finalmente giustizia a tutti i dettagli del timbro e, per la prima volta, la collocazione tridimensionale delle sorgenti trova una sua ragione di essere. Si porta il fruitore letteralmente all’interno dello spazio di ascolto.
È verosimile che le tecniche di mix dovranno essere raffinate per cogliere tutti i vantaggi di questa tecnologia ma la strada è ormai intrapresa senza dubbio alcuno. A presto per gli approfondimenti sul tema!
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