Síntesis y sintetizadores
Publicado el 04/08/2020
Prima di trattare l'argomento dei questa settimana (i sistemi) dobbiamo parlare della fase. Questa, insieme a frequenza e ampiezza, caratterizza completamente una sinusoide e grazie al teorema di Fourier (che certamente ricorderete...) contribuisce a caratterizzare completamente un qualsiasi segnale che abbia una banda limitata.
Detta in modo semplice, la fase corrisponde a un ritardo temporale che non supera la durata di un periodo. Nella figura che segue sono mostrati due segnali della stessa frequenza, ampiezza diversa e stessa fase.
Se, invece si ritarda nel tempo uno dei segnali si ottiene la situazione seguente:
dove tre segnali con la stessa ampiezza e frequenza sono, come si dice in gergo, sfasati.
In realtà il concetto di fase deriva dal modello matematico con il quale si generano le sinusoidi. Queste si possono pensare come derivanti dalla proiezione lungo un asse del vertice di un segmento che ruota in un piano cartesiano. Sembra un concetto complicato ma basta guardare il video che segue per capire cosa succede:
In questo caso il periodo è il tempo che il segmento impiega a fare un giro completo e la fase è l'angolo di partenza della rotazione che il segmento sottende con l'asse orizzontale. In questo modello la frequenza è pari al numero di giri che il segmento compie in un secondo (e continua a essere l'inverso del periodo).
Il video successivo mostra, invece, come si ottengono sinusoidi sfasate:
Vi ricordo che il teorema di Fourier ci assiste perché tutti i segnali limitati in banda (e i segnali audio sono tutti limitati in banda) possono essere ricondotti a somma di sinusoidi. Il video che segue mostra come, aggiungendo armoniche, si possa arrivare a determinare un'onda quadra. Questo è, tra l'altro, il principio della sintesi additiva.
Il piano nel quale ruota il segmento non è un piano qualsiasi ma, per gli elettrotecnici e gli elettronici (e pure i matematici) è il famigerato piano di Argand-Gauss o piano complesso.
Questo serve a rappresentare tutte le grandezze gestite nei circuiti elettrici ed elettronici e ci consente di determinare il comportamento di componenti, circuiti e sistemi. È uno strumento di una certa complessità che non approfondiremo. Diamo solo qualche dettaglio per aiutarvi a capire il legame tra modello matematico e comportamento reale (ricordatevi questo discorso del modello...).
Nel piano complesso i due assi si chiamano Reale (quello orizzontale) e Immaginario (l'altro). Il segmento parte dall'origine degli assi e, se è di lunghezza r forma, con l'asse orizzontale un angolo φ (che è proprio la fase). Il segmento può essere rappresentato con la coppia (r, φ) che si chiamano modulo e fase oppure con le sue proiezioni sugli assi Z=x+iy dove x è la parte reale e y è la parte immaginaria (un oggetto così fatto si chiama numero complesso). Il coefficiente i è il coefficiente immaginario (non approfondiamo su questo). Il legame tra r, x e y è determinato dal teorema di Pitagora che tutti conoscete (!) o dalle funzioni trigonometriche (che magari conoscete meno...).
Grazie a questo modello l'impedenza si può pensare come numero complesso, infatti:
Z = R + iX
dove:
Perché è importante la fase? Per molti motivi. Il più semplice da capire (ma non da gestire) è che se si riprende lo stesso strumento con più microfoni le onde di pressione arriveranno su questi in istanti diversi dipendenti dalla distanza strumento-microfono e quindi i due contributi saranno sfasati. Se si sommano (nel mixer) due segnali sfasati si hanno vari problemi e, se lo sfasamento è di un semi-periodo (o di 180° se si ragiona sull'angolo) la somma comporta una cancellazione del segnale. Per questo nei pre-amplificatori trovare i pulsanti di inversione di fase (phase shift o polarity). Tenete presente, però, che essendo i segnali musicali molto ricchi di armoniche il solo pulsante di inversione di fase non risolve la situazione e si deve stare molto attenti alla scelta e disposizione dei microfoni.
Terminata questa digressione su fase e numeri complessi possiamo iniziare a parlare di sistemi. Per i nostri obiettivi, possiamo pensare a un sistema quando ci troviamo in presenza di un dispositivo con uno o più ingressi ed una o più uscite. Il segnale di uscita deriva dalla elaborazione (eseguita dal sistema) del segnale in ingresso.
Con riferimento alla figura, troviamo un generatore a cui è sempre associata una impedenza interna (esempi di generatore sono: microfono, pickup di chitarra e basso, oscillatore di un synth) che applica all'ingresso del sistema una tensione (a cui corrisponde una corrente di ingresso o... viceversa). Il sistema esegue la sua elaborazione e genera una tensione/corrente di uscita che vengono erogate su un carico che, in questo caso, è rappresentato da una generica impedenza (impedenza di carico). Il carico può essere, ad esempio, un altoparlante ma anche un secondo sistema connesso al primo per elaborazioni ulteriori sul segnale.
I sistemi elettronici sono realizzati connettendo opportunamente i componenti di cui abbiamo parlato la volta scorsa. Anche per i sistemi è possibile definire dei modelli. Quello più semplice è rappresentato in figura:
Grazie a questo modello (ne esistono molti altri) è possibile fare i calcoli opportuni (non sempre semplici) per definirne il comportamento. Si può lavorare nel dominio del tempo o nel dominio della frequenza.
La funzione che, nel dominio del tempo, determina il comportamento di un sistema lineare si chiama risposta all'impulso (Impulse Response – IR – in inglese) spesso indicata con h(t). Questa funzione consente di calcolare l'uscita di un sistema una volta che è noto l'ingresso. Il problema è che l'operazione da fare per svolgere il calcolo è molto complicata. Si chiama convoluzione e richiede l'applicazione del calcolo integrale (una cosa che si comincia a studiare al liceo scientifico e che finisce all'università).
Grazie a un certo Laplace, però, è possibile semplificare molto le cose. Invece di ragionare nel dominio del tempo, prendo la risposta all'impulso di un sistema e la trasformo in una funzione della frequenza. Questa cosa la posso fare grazie alla trasformata di Laplace (anche questa è un calcolo difficile) che da, come risultato la funzione di trasferimento H(f).
Questa rappresenta il comportamento del sistema lineare nel dominio della frequenza tanto quanto la risposta all'impulso lo rappresenta nel dominio del tempo. Il grande vantaggio della funzione di trasferimento è che il legame (nel dominio della frequenza) dell'uscita con l'ingresso si ottiene con una semplice moltiplicazione (che però richiede l'impiego dei numeri complessi).
U(f) = H(f)I(f)
La funzione di trasferimento la si può pensare come l'insieme di due funzioni della frequenza che identificano la variazione di modulo e quella di fase come in figura:
Risulta evidente, a questo punto, come il passaggio di un segnale in un sistema influenzi sia l'intensità (modulo) che la fase del segnale stesso (questo succede sempre!). La figura che segue sintetizza quanto detto fino ad ora (l'asterisco indica la convoluzione):
Sono esempi di sistemi gli oscillatori, i filtri e i mixer dei sintetizzatori ma anche i pedali per chitarra e basso o i pre-amplificatori, gli equalizzatori, i compressori e i riverberi che si trovano in studio. Anche una catena Hi-Fi può essere pensata come connessione di più sistemi (giradischi, pre-amp-finale. Casse).
Anche i sistemi, come i componenti, possono essere lineari (non aggiungono distorsione armonica) o non lineari (aggiungono distorsione armonica).
Un sistema perfettamente lineare nella pratica non esiste. Tutti i sistemi, specialmente se portati al limite delle loro possibilità, aggiungono distorsione armonica. Ci sono dei sistemi che sono, invece, non lineari per definizione. Tra questi i compressori, gli expander e gate e, ovviamente, i distorsori/overdrive.
Molto spesso quello che può sembrare un difetto (eccesso di distorsione armonica di un sistema che in teoria dovrebbe essere lineare) contribuisce a dare un carattere particolare che rende più gradevole l'ascolto. È per questa ragione che si continua ad usare sistemi analogici (anche vintage) o a cercare di riprodurli con emulazioni digitali (plug-in). Le particolari combinazioni di componenti (valvole, transistor, trasformatori, ecc) derivanti dal design dei circuiti fanno si che l'impronta sonora tipica di alcuni oggetti caratterizzi in modo speciale il suono al punto che si decide, a volte, di far passare un segnale dentro un elaboratore anche senza attivare l'elaborazione per cui il device è stato immaginato.
Due o più sistemi possono essere connessi in cascata (che qualcuno chiama erroneamente “serie”) come in figura:
oppure in parallelo, come in figura:
Combinazioni di queste due tipologie di connessione sono ammissibili. Il risultato della connessione di più sistemi è anch'esso un sistema e quindi, ad esempio, un sintetizzatore è un sistema composto da oscillatori, filtri, mixer, effetti (questi possono essere indicati come sotto-sistemi).
Terminiamo qui questa doverosa (ma breve) illustrazione teorica. Ci servirà per capire meglio come funzionano gli oggetti che servono a fare il bel suono. Alla prossima settimana!
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